Il friluftsliv è un fenomeno sociale e culturale di matrice prettamente scandinava, storicamente legato allo stile di vita norvegese, secondo il quale primario è il rapporto con la natura e lo stare all’aria aperta. In italiano può essere reso come «vita all’aria libera»[1], nonostante che una sua efficace traduzione non sia presente nemmeno in lingua inglese, ragione per cui di solito si mantiene l’originale norvegese. Concettualmente il friluftsliv si riferisce a un fenomeno che va oltre il semplice svolgere un’attività fisica fuori di casa, indicando la relazione tipica della tradizione norvegese con la natura come “un modo di vita semplice all’aria aperta”[2]. Tale concezione, concordemente alle teorizzazioni della deep ecology e dell’ecosofia naessiana, si propone di promuovere uno stile di vita all’insegna della semplicità di mezzi e della ricchezza di fini.
Secondo quanto espresso dal ministero norvegese dell’ambiente negli anni Ottanta[3], il friluftsliv si pone come obiettivo quello di essere utile sia all’individuo che alla collettività, costituendo un importante contributo alla qualità della vita dei cittadini, promuovendo sia il senso dell’avventura e il movimento fisico, sia il rinnovamento e il rilassamento. Ne consegue che il frilufstliv propriamente detto può includere tutte le attività svolte all’aperto, ma solo alla condizione che si svolgano con un particolare atteggiamento. Questo atteggiamento è ispirato ai seguenti principi delineati da Haugsjå[4]: fare esperienza della natura; non utilizzare mezzi tecnologici di trasporto; sollecitare un approccio olistico all’ambiente che si avvalga di tutti i nostri sensi; evitare la competizione all’interno del gruppo; vivere in armonia con la natura, senza arrecarle alcun danno.
Il frilufstliv in definitiva esprime un’intima affinità emozionale, esistenziale e quasi spirituale con la natura, difficilmente esprimibile a parole, ma che si concretizza in qualcosa che essenzialmente deve essere sentito ed esperito integralmente. Il tratto tipicamente romantico di questo rapporto fra uomo e natura si spiega ancora meglio se si prende in considerazione come il primo ad aver coniato e utilizzato il temine friluftsliv sia stato proprio il poeta e drammaturgo norvegese H. Ibsen, nella sua lirica Nell’immensità del 1885, dove egli esprime il suo profondo senso di libertà nella natura, la cui contemplazione estetica lo porta a raggiungere una rinnovata comprensione della vita, “friluftsliv for mine tanker”, appunto.
Come riporta Bortolotti[5] nel suo bel saggio sull’outdoor education[6], nella tradizione scandinava si individuano cinque categorie principali di friluftsliv:
1. Utilitaristica, che comprende passatempi in natura come la raccolta di funghi, erbe, frutti, caccia e pesca;
2. Romantica, fondata su spostamenti non motorizzati in luoghi di forte impatto emotivo e di ispirazione spirituale;
3. Scientifica, che include attività come il bird watching e la ricerca di fossili, a titolo di esempio;
4. Sociale, incentrata sullo stare insieme in aree verdi ricreative, con finalità di socializzazione;
5. Fisica, focalizzata sulla pratica sportiva non agonistica, mirante al benessere e al superamento dei propri limiti.
Esemplificativo del ruolo importante svolto dal friluftsliv nella società norvegese è anche il fatto che esso sia regolato da specifiche leggi[7] che garantiscono il diritto:
· di passaggio, quindi la facoltà di attraversare aree di proprietà privata durante lo svolgimento di attività in natura;
· di muoversi senza restrizioni a piedi o sugli sci in campagna;
· di attraversare laghi e fiumi con canoe, kayak e barche a remi;
· di accamparsi e di trascorrere la notte all’aria aperta;
· di girare in bicicletta e a cavallo in campagna, con la restrizione di seguire specifici percorsi;
· di nuotare nel mare e nelle acque interne.
La chiara definizione legislativa del friluftsliv, con riscontri in ambito sia sociale che scolastico, ne mette in evidenza il carattere formale di cui gode nei paesi scandinavi, a differenza dell’informalità che in prevalenza caratterizza le attività all’aria aperta nei paesi dell’area mediterranea, che, come sottolinea Bortolotti, sembrano segnati probabilmente da un retroterra socioculturale “a radici di stampo idealista e distanti dal pragmatismo”[8] in contraddizione con le pur migliori condizioni di vita all’aperto offerte dal clima mediterraneo.
C’è da dire che originariamente il friluftsliv non aveva intenti educativi, e, solo gradualmente, con il crescere della sua percezione come stile di vita, le prospettive educative e didattiche hanno cominciato ad affermarsi. Nonostante fino alla fine degli anni Ottanta non si potesse ancora parlare di una vera e propria posizione educativa sul friluftsliv (spesso considerata qualcosa addirittura di estranea e inutile), negli anni Novanta l’educazione al friluftsliv è venuta velocemente alla ribalta, dando origine a diversi orientamenti, il focus principale dei quali era ed è ancora la sua capacità di concorrere allo sviluppo dell’individuo[9]. Difatti, attraverso un’ampia varietà di attività fisiche ed uno stile di vita in natura semplice ma arricchente, ci si aspetta che i partecipanti possano fare tesoro di differenti esperienze, con riflessi sia sul piano personale che sociale. La possibilità di fare un’esperienza di vita in pienezza con risorse semplici e naturali e di farne un modus vivendi contribuisce al raggiungimento di una qualità della vita piuttosto indipendente dagli standard dettati dalla società. Dal momento che le condizioni di vita e ambientali stanno attraversando oggi cambiamenti radicali, sta diventando sempre più cruciale il compito socio-politico ed educativo di diffondere questa prospettiva sulla qualità della vita alle generazioni più giovani. Ciò per sottolineare il particolare significato che il friluftsliv può avere in ambito educativo e scolastico come insieme di attività volte a sensibilizzare ad una cittadinanza più consapevole e responsabile, coerentemente con il concetto di “cittadinanza planetaria”.
Sono Marco Cotugno, educatore professionale e filosofo. La mia passione è l’Outdoor education e la possibilità di trovare in contatto con la natura nuovi strumenti educativi di crescita. Collaboro con Nature Embassy come editor.
[1] Cfr. A. Bortolotti, Outdoor education. Storia, ambiti, metodi, Milano, Guerrini Scientifica, 2019, p. 69. [2] A. R. Hofmann, C. G. Rolland, K. Rafoss, H. Zoglowek, Norwegian Friluftsliv. A way of living and learning in nature, Münster, New York, Waxmann 2018, p. 21. [3] Cfr. Miljøverndepartementet (1986-1987), Stortingsmelding nr 40, Om friluftsliv, Oslo, Miljøverndepartementet. [4] S. Haugsjå, Ut i naturen, Oslo, Universitetsforlaget, 1975, p. 8. [5] Alessandro Bortolotti è ricercatore all'Università di Bologna dal 2007, specializzato nei settori della pedagogia speciale, dell'Outdoor Education e della Prasseologia motoria. [6] A. Bortolotti, Outdoor education, op. cit., p. 69. [7]Cfr. le Friluftsloven su https://www.regjeringen.no/en/dokumenter/outdoor-recreation-act/id172932/, ultima consultazione 21/03/20. [8] A. Bortolotti, Outdoor education, op. cit. p. 174. [9] A. R. Hofmann, C. G. Rolland, K. Rafoss, H. Zoglowek, Norwegian Friluftsliv, op. cit., p. 46.
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